Il protocollo sanitario redatto dalla commissione medico-scientifica della FIGC è di difficile applicazione per i Club di Serie C e lascia ancora troppe domande aperte. È quanto è emerso dall’incontro che si è tenuto ieri in videoconferenza tra i vertici di Lega Pro, il rappresentante dei medici della Serie C Francesco Braconaro, e l’avvocato di PwC Tls Gianluigi Baroni, con i 60 medici sociali dei club di Lega Pro.

Il protocollo medico – sanitario è stato valutato dai medici sociali di Serie C rispetto a diversi parametri: la fattibilità tecnico – scientifica, giuridica, ed economica oltre che la fattibilità di applicazione a seconda del territorio di riferimento.

Rispetto al primo parametro, i medici hanno sottolineato la difficoltà di accedere ad un numero elevato di tamponi, che allo stato attuale non sono disponibili nemmeno per i cittadini. Inoltre, i medici prestano servizio sul territorio e, soprattutto nelle zone maggiormente colpite dal coronavirus, sarebbe altamente rischioso entrare in contatto sia con i calciatori che con i propri pazienti. Si rischierebbe di diffondere il virus.

Il protocollo apre inoltre una serie di questioni che attengono le diverse responsabilità, civili e penali, che si dovessero prefigurare nel caso di contagio. Oltre ai tesserati, numerose altre figure sono coinvolte nella ripresa del campionato e non è immaginabile che i medici si assumano responsabilità per tutti. Il protocollo, infine, perché sia messo in atto da un punto di vista organizzativo e gestionale, richiede risorse economiche che è necessario quantificare.